Formaggio a pasta semidura tipico della Valtellina, se ne possono ripercorrere facilmente le antiche tracce filologiche che ci conducono alle celtiche origini di questo nordico prodotto.
Il nome antico “bitu” deriva, difatti, proprio dalla lingua dei Druidi e significava “perenne”, aggettivo che sta a designarne la capacità di conservazione che ha reso il bitto un’ottima scorta alimentare per tanto tempo. Per alcuni storici, i Celti si trasferirono nelle Valli Alpine dopo essere stati cacciati dalla Pianura Padana dai Romani, qui – grazie alle possibilità del fertile territorio – si dedicarono alla pastorizia. L’usanza celtica di allevare gli animali da latte nelle Alpi in estate ha dato vita a una produzione casearia ottenuta da un latte particolarmente cremoso, arte in cui i Celti, maestri di lavorazione casearia, eccellevano. Il Bitto è rimasto a tutt’oggi un prodotto che ha la capacità di conservarsi anche fino a dieci anni fornendo, a seconda della stagionatura, un gusto diverso: fresco è un delizioso formaggio da tavola, invecchiato può essere grattugiato per insaporire numerosi piatti. Nel 1995 il Bitto ha acquisito la DOC e, il primo luglio del 1996 la DOP. La tutela del marchio e del commercio spetta al Consorzio di Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto che ne garantisce l’area di produzione nel territorio della provincia di Sondrio e nelle zone limitrofe dell’Alta Valle Brembana. In questo magnifico e incantato territorio, si segue una tecnica di lavorazione antica: questo formaggio è prodotto esclusivamente con latte vaccino intero appena munto da razze tradizionali di queste zone, con possibile aggiunta di latte caprino al 10% . L’alimentazione dei bovini è costituita da erba spontanea della zona di produzione. La coagulazione è ottenuta utilizzando il caglio di vitello e la cottura avviene ad una temperatura fra 48° e 52° C. La maturazione prevede minimo 70 giorni, conditio sine qua non affinché il Consorzio di Tutela possa marchiare le forme: inizia nelle casere d’Alpe. Se ne ottiene un formaggio dalla forma cilindrica regolare con diametro tra i 30 e i 50 cm, lo scalzo è concavo a spigoli vivi con un’altezza di 8-10 cm; la crosta è gialla, la pasta compatta e bianca con tendenza al giallo, con occhiatura rada ad occhio di pernice. Il peso varia da 8 a 25 kg. Il sapore dolce e delicato, assume un sapore più forte con la stagionatura. Una curiosità circa la colorazione della pasta: fino alla prima guerra mondiale per dare al formaggio il colore giallo paglierino si aggiungeva una dose di zafferano, pratica che poi è stata abbandonata per i costi troppo alti del prodotto. Altra caratteristica del Bitto è l’ appartenenza al gruppo di formaggi alpini che derivano dall’ Emmenthal con cui condivide similitudini nelle tecniche di lavorazione, ma anche nel sapore aromatico che si intensifica con la stagionatura. La lavorazione del latte avviene nelle baite tipiche dette calecc, formate da un perimetro in sasso alto circa un metro sul quale si stende un telo impermeabile che fa da copertura smontabile. I caricatori d’alpe si spostano, dando vita ad una vera e propria lavorazione itinerante, da un calecc all’altro con i bovini e le attrezzature, producendo il formaggio appena dopo la mungitura.
La sua conservazione avviene in frigorifero ad una temperatura di 0°-6 C, con l’accortezza di avvolgerlo in un canovaccio umido e di non utilizzare pellicole trasparenti che andrebbero a creare muffe. Le proprietà nutrizionali sono ricche e ne fanno un alimento completo e qualitativamente prezioso: 100 grammi di Bitto contengono 20 grammi di proteine, forniscono un apporto calorico di 279 kcal con una quota di 21, 7 grammi di grassi.
A tavola è ottimo gustato come fine pasto da meditazione, accompagnandolo con un buon bicchiere di vino rosso o condito con dell’aceto balsamico. La sua pasta è friabile e solubile, sa di frutta secca, nocciola, noce, fiori esiccati e avvolge chi lo degusta in una festa di profumi dell’alpeggio. Ha un sentore più piccante se viene aggiunto del latte caprino. Si presta anche a condire i piatti tipici della zona: la polenta taragna, i pizzoccheri, gli sciatt, le tradizionali frittelle di grano saraceno, la fonduta.
Risotto con Bitto e Bresaola
ingredienti per 4 persone
500 g di riso Carnaroli
1 bicchiere di vino bianco
150 g di Bresaola della Valtellina tagliata a cubetti
150 g di Bitto
1 litro e mezzo di brodo di carne bollente
sale e pepe
50 g di burro
Sciogliete a fuoco lento 4 cucchiai di burro , aggiungete il riso e mescolate bene. Versate il vino, fatelo sfumare, lasciate riprendere il bollore e aggiungete il brodo. A cottura terminata, toglietelo dal fuoco, mantecatelo con un cucchiaio di burro, il Bitto tagliato a cubetti e la Bresaola.